1. Non aspettare Non appena ti accorgi che qualcosa non va, quando percepisci uno strano ronzio, un fischio nell’orecchio che prima non sentivi il consiglio è quello di consultare immediatamente…
Quando l’acufene nasce dai denti: tutto quello che c’è da sapere
L’acufene è una percezione uditiva in assenza di fonte sonora esterna, definito “un sintomo complesso a eziologia multifattoriale”. Significa che la sua insorgenza può essere ricondotta a una o più cause concomitanti.
L’acufene non è una malattia ma un sintomo
L’acufene, quando diventa una presenza pressoché costante, è un fenomeno caratterizzato da un’esperienza uditiva molto personale, apparentemente poco comprensibile da chi non lo avverte. Appartiene pertanto alla categoria dei sintomi da un punto di vista clinico, ovvero di quelle sensazioni accompagnate spesso da disagio del paziente, non misurabili oggettivamente.
Un’altra caratteristica dell’acufene è quella di non riconoscere una causa univoca. È in questo senso assimilabile al mal di schiena cronico, in grado di alterare la qualità della vita di una persona, ma non per questo inquadrabile immediatamente in una patologia precisa.
Anche perché nella maggior parte dei casi l’acufene è il risultato di più concause che, agendo simultaneamente, provocano una sorta di scompenso degli equilibri fisiologici a carico dell’orecchio. Ecco il motivo per cui si parla di multifattorialità.
Le varie cause dell’acufene
Le cause possono essere identificate in vari ambiti:
- traumi acustici
- baro traumi
- farmaci ototossici
- infezioni auricolari
- problemi metabolici
- problemi ormonali
- problemi posturali (acufene somatosensoriale)
Cos’è l’acufene somatosensoriale
In particolare l’acufene associato a scompensi di natura posturale e occlusale viene definito acufene somatosensoriale e può comparire in assenza di perdite uditive conclamate.
Ma si può riconoscere un acufene somatosensoriale correlato a un problema occlusale? Gli studi ci dicono di sì. Prima di tutto ascoltando il racconto del paziente e relazionandolo ad alcuni segni clinici evidenti. Se ripercorriamo la storia dell’indagine scientifica sul rapporto tra acufene e disturbi di natura occlusale o a carico dell’articolazione temporo-mandibolare, troviamo che le prime ricerche in proposito furono compiute da Costen negli anni ’30.
Da un secolo gli scienziati osservano empiricamente una relazione tra l’acufene e alcune problematiche temporo-mandibolari, che li hanno spinti a sviluppare un intero filone di ricerca sull’argomento, fino ai giorni nostri. Gli ambiti di indagine sono però molto complessi, perchè sia l’acufene che i disturbi dell’articolazione temporo-mandibilare possono essere cronici oppure episodici, patologici oppure disfunzionali, causati da un evento preciso oppure dalla somma di tanti piccoli “acciacchi” avvertiti nel tempo. Possono riguardare un distretto organico ben preciso oppure essere la risultante di uno scompenso nel funzionamento della relazione tra più organi e apparati.
Se già risulta complicato indagare l’origine e le caratteristiche di uno solo di questi sintomi. Individuare la storia di entrambi ponendoli in correlazione diventa ancora più arduo. Ma possibile. Almeno così affermano gli studi, e così testimonia l’esperienza clinica ventennale della Tinnitus Clinic di Milano dove esercito.
In sintesi, se il paziente racconta una storia clinica caratterizzata dalla presenza di una disfunzione di natura occlusale o temporomandibolare e si è in grado di osservare una modulazione del suo acufene in risposta a delle precise manovre su quel distretto (ad esempio, allentando o stringendo i denti, l’intensità dell’acufene può diminuire o aumentare) il quadro risulta abbastanza suggestivo di acufene somatico correlato a sindrome temporomandibolare.
Sintomi della sindrome temporo-mandibolare
Ma quali sono i segni ed i sintomi di una problematica occlusale o temporo-mandibolare? Fra i più comuni possiamo elencare:
- rigidità e dolorabilità mandibolare soprattutto mattutina, legata alla presenza di bruxismo notturno
- dolore o fastidio durante o dopo la masticazione
- difficoltà nell’apertura della bocca, con presenza di rumori quali il click dell’articolazione temporo-mandibolare fino al suo blocco,
- dolori trafittivi all’orecchio (fitte all’orecchio) o dolorabilità sorda al volto, precedenti eventi traumatici mandibolari.
Tali fenomeni possono essere causati da anomalie occlusali, cambiamento di rapporti dentari tra l’arcata superiore e inferiore, in grado di produrre disequilibrio nell’assetto posturale della persona con conseguenti contratture della muscolatura tonica del collo o della schiena.
Ci possono essere poi fenomeni artrosici a carico dell’articolazione temporo-mandibolare che andrebbero opportunamente verificati con esami specialistici di imaging (es. radiografia .e/o risonanza magnetica).
La visita audiologica
Quello che l’audiologo deve a questo punto indagare durante la visita è la presenza di modulazione dell’acufene in risposta a specifiche manovre, compiendo quella che viene definita valutazione somatica dell’acufene. Prima di tutto si pongono specifiche domande sulla variazione dell’acufene, in termini percettivi di intensità, tipologia di suono e lateralità, quando si mastica, quando si percepisce dolore alla mandibola, quando si stringono i denti, ecc.
Si fanno poi compiere al paziente delle manovre mandibolari, durante le quali l’audiologo oppone resistenza, chiedendo se esiste un cambiamento di intensità o frequenza dell’acufene. Per esempio aprire lievemente la bocca, e spingere la mandibola lateralmente, oppure protrudere la mandibola, contro la resistenza opposta dalle mani del medico.
In conclusione, se esiste una storia clinica di problematiche mandibolari, associata alla positività alla modulazione dell’acufene in risposta a tali specifiche manovre, si può avanzare l’ipotesi di una componente somatica importante nell’insorgenza dell’acufene. Il paziente sarà quindi sottoposto a tutta la serie di test audiologici e al consulto odontoiatrico o gnatologico a completamento diagnostico con tutti gli esami opportuni.
Eventualmente si potrebbe pensare, a seconda del caso clinico, anche a una valutazione della postura per comprendere la relazione tra schema dentario occlusale e assetto tonico posturale.
La terapia
Le terapie riservate a queste tipologie dell’acufene spaziano dall’applicazione di bite per modificare le relazioni di combaciamento tra le arcate dentarie e riallineare la postura, alla fisioterapia dell’articolazione temporo-mandibolare, all’utilizzo di farmaci miorilassanti.
L’attenuazione dell’acufene mediante questi approcci è sostenuta dalla razionalità scientifica secondo cui l’acufene a esclusiva componente somatosensoriale è spesso un segnale di allarme che l’organismo invia in risposta a uno scompenso nel sistema tonico posturale, strettamente connesso all’orecchio per via della regolazione del sistema dell’equilibrio.
Riallineando pertanto masticazione e postura, il sistema uditivo risponderà con una diminuzione della necessità di segnalare una disfunzione. Quindi con un’attenuazione dell’acufene.
Gli obiettivi clinici da raggiungere con questo tipo di acufene, non sempre agevoli come dimostrano i risultati contrastanti tra i vari studi scientifici, è comprendere bene il tipo di scompenso generato dalla malocclusione o dalla disfunzione dell’articolazione temporo-mandibolare in relazione all’orecchio e la co-presenza o meno di un eventuale danno uditivo che può essere una concausa del problema.
A seconda di questi indicatori diagnostici la terapia sarà di tipo odontoiatrico-posturale, di tipo audiologico o entrambe.
È sempre consigliabile accompagnare le terapie sopra descritte con la riduzione della percezione utilizzando la TRT (Tinnitus Retraining Therapy) che in tempi brevi in genere può attenuare il fastidio provocato dall’acufene.
acufene, bite, denti, malocclusione, temporomandibolare