La storia di Stefano è una di quelle che vale la pena raccontare. Non solo perché lui è giovanissimo e si è trovato ad affrontare l'acufene a soli 19 anni,…

Sono guarita dall’acufene: la storia di Mari
Parlare di acufene non è semplice. Molti pazienti attraversano anni di sofferenza silenziosa, tra visite mediche, tentativi di cure e momenti di sconforto. Spesso si ha la sensazione di essere soli, intrappolati in un disturbo invisibile agli altri ma assordante per chi lo vive.
Trovare persone disposte a raccontare la propria esperienza è difficile, perché il percorso può essere stato lungo e doloroso. Eppure, esistono storie a lieto fine, miglioramenti concreti ottenuti grazie a percorsi professionali mirati.
Oggi vogliamo condividere una di queste storie: Mari, romana, 42 anni, è un’imprenditrice digitale e da 20 anni convive con un acufene altalenante. Dopo aver consultato invano medici e professionisti non si è mai arresa. Perché la speranza esiste, e ogni testimonianza può essere una luce per chi sta ancora cercando la propria strada.
Buongiorno Mari, raccontami la tua storia. Quando hai cominciato a soffrire di acufene?
Intorno ai 20 anni ho iniziato a cercare risposte, ma tutti gli specialisti a cui mi sono rivolta in questo arco di tempo mi hanno dato sempre la stessa risposta: “Ci devi convivere”. La mia patologia è caratterizzata da un andamento altalenante dell’acufene accompagnata da ipoacusia di carattere degenerativo. Questi sbalzi mi portano a delle vere e proprie crisi di acufene.
Nel dicembre del 2023 ho avuto una crisi molto forte e, per l’ennesima volta, mi sono rimessa alla ricerca di un centro che potesse aiutarmi. In realtà, ero disposta ad andare anche all’estero, perché in 20 anni avevo girato tantissimi specialisti in tutta l’Italia centrale.
Quando ho trovato la Tinnitus Clinic a Milano, ho deciso di partire, ma ero pronta a spingermi anche fino in America, credimi, ero disperata. Ovviamente, ho portato con me il mio fascicolo, perché dopo 20 anni di visite era diventato enorme. Quando la dottoressa l’ha visto, mi ha detto una frase che non dimenticherò mai: “Signora, questa cosa noi possiamo provare a risolverla”.
Credimi, sono praticamente scoppiata in un pianto liberatorio. Fino a quel momento, avevo sempre trovato solo porte chiuse, e sentire quelle parole è stato come risvegliarmi da un incubo. Le ho chiesto più volte: “Ma lei è sicura? Si sta sbilanciando? Mi sta dicendo che possiamo risolvere?” E lei: “Sì, sì, possiamo aiutarla”.
Cominciamo dall’inizio: tu hai anche un’ipoacusia? Quando hai iniziato a capire che c’era un problema?
Io mi sono accorta del problema intorno ai 18 anni, dopo una delle mie prime serate in discoteca. Ricordo che, tornando a casa, sentivo un fischio fortissimo nelle orecchie.
Inizialmente non mi sono allarmata troppo, ma con il tempo la situazione è peggiorata, quindi ho iniziato a fare una serie di esami. Mi hanno visitato tantissimi specialisti, ho fatto accertamenti per tutte le patologie possibili: si è ipotizzato che la mia perdita dell’udito potesse derivare da un’otite avuta da bambina, da problemi interni all’orecchio.
Abbiamo fatto indagini genetiche, test per allergie, controllo della respirazione, pressione, davvero di tutto. Eppure, per anni non è emersa alcuna diagnosi chiara. L’ennesimo otorino mi aveva diagnosticata una sindrome di Ménière, anche se in forma incompleta, perché per fortuna non ho mai avuto problemi di deambulazione o vertigini.
A un certo punto, però, ho smesso di cercare un nome per il mio problema, perché ciò che mi interessava davvero era trovare una soluzione. Il mio obiettivo era uno solo: riacquistare la capacità di sentire meglio. Non sentire è invalidante. È una questione sensoriale: l’acufene, per quanto fastidioso, può essere gestito, ma la perdita dell’udito condiziona la vita in modo devastante.
Quando sono arrivata alla Tinnitus Clinic e mi hanno chiesto: “Vuoi intervenire sull’acufene o sull’ipoacusia? Qual è la cosa che vorresti risolvere di più?”, la mia risposta è stata immediata: “Senza dubbio, l’ipoacusia”.
Quindi hai cominciato subito a mettere gli apparecchi acustici e poi?
Sì, abbiamo iniziato subito con gli apparecchi acustici. Li porto da un anno. Dopo sei mesi ho cominciato la terapia TRT, ma già con l’uso degli apparecchi, la percezione dell’acufene si era notevolmente ridotta grazie alla maggiore chiarezza dei suoni ambientali.
La sensazione di sentire di nuovo bene è stata incredibile. C’è stato un momento in cui pensavo addirittura che gli apparecchi fossero difettosi, perché sentivo rumori che mio marito non percepiva.
Ad esempio, una volta eravamo in macchina, con il motore spento, e io sentivo dei suoni che per lui non esistevano. Alla fine abbiamo capito che quei rumori erano sempre stati lì, ma io non li avevo mai sentiti prima. È stato davvero pazzesco!
Devi sapere che qualche anno prima avevo implorato un otorino di prescrivermi degli apparecchi acustici, ma mi disse che, a causa del mio acufene altalenante, non erano indicati e sarebbero stati solo uno spreco di soldi. Quindi, quando alla Tinnitus Clinic mi hanno detto il contrario, non riuscivo a crederci.
Ora, a distanza di un anno, ripensandoci, mi vengono ancora i brividi, perché è stata un’esperienza incredibile. Mi hanno proposto un mese di prova con gli apparecchi acustici, ma nel giro di un giorno e mezzo, avevo già deciso che li avrei tenuti.
Dopo averli messi, quando siamo usciti in strada, io e mio marito stavamo camminando e a un certo punto un signore ha tossito dall’altra parte della strada. Istintivamente, mi sono girata. Mio marito, vedendomi, mi ha detto: “Ma ti rendi conto? Questa è una cosa che, fino a ieri, non avresti sentito!”
In quel momento, ho capito davvero la differenza.
C’è ancora uno stigma legato agli apparecchi acustici: molte persone si rifiutano di indossarli. Tu come la vivi?
Io non ho mai vissuto il problema dell’ipoacusia come un tabù. Tante persone mi dicono: “Ma come ne parli così tranquillamente?”, ma per me è sempre stato chiaro che, se esiste un presidio che può risolvere un deficit, è giusto usarlo.
Io li mostro con naturalezza, ne parlo e cerco di sensibilizzare le persone sul tema. Faccio un lavoro che mi porta a essere costantemente a contatto con gli altri, e mi capita spesso di parlarne in classe. So benissimo che questo problema non riguarda solo me e, credimi, in ogni classe c’è stato almeno un ragazzo o una ragazza che, dopo aver ascoltato la mia esperienza, mi ha detto: “Ne parlerò a casa”.”
Per me è fondamentale normalizzare l’uso degli apparecchi acustici, sia con i miei figli che con i loro amici. Ad esempio, mio nipote una volta mi ha detto: “Povera zia, hai dovuto mettere queste cose”. Io gli ho risposto subito: “No amore, adesso la zia ha i super poteri! Ora sento meglio di te! Sai che se mi telefoni non devo neanche prendere il cellulare in mano? Ti sento direttamente nelle mie orecchie!”.
Cerco sempre di trasmettere questo messaggio in modo positivo.
Per l’acufene che terapia stai facendo?
Mi hanno proposto la TRT che ho iniziato da sei mesi circa. Oltre agli apparecchi acustici che erogano un rumore bianco, la TRT prevede l’affiancamento con un percorso di counseling che sto facendo con una psicoterapeuta da remoto.
La TRT mi ha dato strumenti molto utili. Ad esempio, ho imparato come distogliere l’attenzione dall’acufene attraverso gli altri sensi. È stato molto interessante. Questo percorso mi ha fatto sentire capita, e questo è fondamentale, perché chi soffre di acufene spesso si trova di fronte a porte chiuse o a risposte superficiali che non lasciano spazio a un vero confronto.
Anche tutto il personale della tinnitus clinic mi ha dato un supporto incredibile. Ho trovato un’apertura che, da altre parti, non avevo mai trovato. Questo è un aspetto davvero importante e che vale la pena sottolineare.”
Se dovessi dare un voto alla tua qualità della vita prima e dopo la terapia, che punteggio daresti?
Io sono una persona estremamente ottimista, quindi non potrei mai dire che la mia qualità della vita prima fosse vicino allo zero, assolutamente no. Diciamo che prima poteva essere un 6. Adesso, senza dubbio, è un 10. Non c’è paragone!
Cosa diresti a una persona che soffre di acufene e a cui è sempre stato detto di doverci convivere?
Le direi prima di tutto di non arrendersi. Viviamo in un’epoca in cui la tecnologia ha fatto passi da gigante, eppure c’è ancora chi si sente dire che non esistono soluzioni. È vero che ci sono condizioni mediche con cui, purtroppo, non possiamo combattere, ma questa non è una di quelle.
Oggi esistono strumenti che possono migliorare enormemente la qualità della vita, e recuperare la piena capacità sensoriale dell’udito è fondamentale. Personalmente, sarei andata ovunque per trovare una soluzione.
L’acufene è un problema invalidante, e spesso chi ne soffre viene trattato come se stesse esagerando o addirittura inventando i sintomi. A me è capitato di sentirmi dire cose del genere anche da professionisti, e questa cosa mi ha ferita molto. Per questo mi sento di dire che chi ne soffre ha il diritto di essere ascoltato e supportato.
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