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Elon Musk promette di curare l’acufene entro 5 anni: intervista con il prof. Dirk De Ridder

Neuralink è una società statunitense di neuro tecnologie, fondata tra gli altri anche da Elon Musk nel 2016. Lo scopo dell’azienda, nel breve termine, è quello di creare dispositivi in grado di curare gravi malattie cerebrali. Nel lungo termine invece si pone come obiettivo quello della simbiosi con l’intelligenza artificiale, che Musk vede come una minaccia per l’umanità se lasciata incontrollata.

Prof. Dirk De Ridder

È recente il tweet di Elon Musk in cui ipotizza che Neuralink sarà in grado di curare l’acufene nel giro di 5 anni, grazie a una rete di elettrodi impiantata nel cervello.

Abbiamo intervistato il prof. Dirk De Ridder (nella foto a destra), neurochirurgo belga di fama internazionale presso l’Università di Otago in Nuova Zelanda, con oltre 250 pubblicazioni scientifiche all’attivo e uno dei maggiori esperti di neuromodulazione, per comprendere meglio il progetto di Elon Musk e la sua effettiva fattibilità.


“Prof. De Ridder, Elon Musk ha dichiarato che Neuralink sarà in grado di stimolare il cervello anche nelle persone con perdita uditiva grave o completa. Musk dice che è solo una questione di elettrodi. Questa affermazione ha senso da un punto di vista scientifico?”

“Naturalmente la quantità di elettrodi gioca un ruolo fondamentale, ma sappiamo che la questione non è solo quella della registrazione delle attività della corteccia uditiva. Oggi, con un elettroencefalogramma, siamo in grado di registrare da 19 fino a 256 canali con elettrodi all’esterno della calotta cranica. Ma se innestiamo degli elettrodi all’interno del cervello, come vorrebbe fare Elon Musk, possiamo utilizzare da 4 a 8 elettrodi. Lui vorrebbe arrivare a 4096 elettrodi per creare un’immagine ad alta risoluzione del cervello e di ciò che sta accadendo. Bisogna però avere ben chiaro cosa si sta cercando, e con questo intendo dire che se si vuole esaminare l’acufene o la perdita dell’udito, non è importante solo l’attività della corteccia uditiva, ma anche della rete neurale uditiva ad essa collegata, per cui lo stimolo uditivo dalla coclea deve essere collegato a quelle che si potrebbero chiamare ‘reti di abilitazione alla coscienza’ che coinvolgono le aree parietali, frontali e il sistema della condizione di default (default mode network). Questa immagine non si può avere mettendo elettrodi solo in una o due aree del cervello. Bisogna collocare gli elettrodi in 9 o 10 aree cerebrali diverse, il che rende l’operazione molto poco sostenibile e aumenta il rischio di complicazioni. Per cui se la domanda è: “Dipende solo dalla quantità di elettrodi posizionati nella corteccia uditiva?”, la risposta è no. Devono essere stimolate sia la corteccia uditiva sia le vie nervose che permettono l’esperienza cosciente del segnale. Quindi, a meno che non si inseriscano molti elettrodi in diversi punti delle vie uditive e del cervello, l’aumento della risoluzione non sarà di per sé molto utile.”

“Gli impianti cocleari sono molto efficaci, ma non in caso di problemi al nervo acustico: una stimolazione mirata al cervello acustico potrebbe ripristinare l’udito e quali sono i rischi?”

“Sappiamo che ci sono circa 40.000 neuroni nella coclea e più di 100 milioni nella corteccia uditiva, quindi un elettrodo che stimola la coclea influenzerà, diciamo, cinque neuroni e ognuno di questi cinque ne influenzerà di nuovo altri cinque, cosicché quando si arriva alla corteccia uditiva ne avremo cento milioni. Stimolando la corteccia uditiva con un’alta risoluzione si può probabilmente ricreare una certa percezione uditiva, ma questo è stato dimostrato finora solo nelle persone affette da epilessia, per i quali se si stimola la corteccia uditiva si possono generare suoni, Tuttavia, quando abbiamo provato a inserire elettrodi nella corteccia uditiva in persone senza epilessia e in pazienti affetti da acufene, non siamo riusciti a generare o a creare alcun suono e questo perché la sensibilità di un cervello epilettico è molto più elevata rispetto a quella delle persone senza epilessia e quindi non è certo che inserendo elettrodi ad alta risoluzione, come quelli pensati da Elon Musk, le persone possano percepire qualcosa.”

“Elon Musk vede Neuralink come un’estensione artificiale del cervello, come un backup della memoria per persone affette da demenza, paraplegici e così via. È fantascienza o un futuro realizzabile?”

“Negli animali è stato dimostrato che è possibile creare un sistema che consente una memoria protesica artificiale, quindi da un punto di vista tecnico è possibile. Attualmente il problema è sempre lo stesso: quello che si registra e come lo si registra, ma naturalmente mettere in pratica l’idea di Elon Musk è molto semplice da un punto di vista evolutivo. L’idea è che ci siano 3 strati nel cervello: c’è quello che viene chiamato cervello rettiliano, la parte più antica del cervello che ci mantiene in vita, poi c’è il secondo strato che è una specie di interruttore, il cervello emotivo, che regola i nostri riflessi, e poi c’è il terzo strato, filogeneticamente più recente, che si chiama corteccia, che ci permette di pensare e di pianificare ciò che vogliamo fare. Quindi l’idea generale di Elon Musk è quella di mettere un quarto strato sopra la corteccia che sarà poi collegato a reti di computer in modo da poter utilizzare le informazioni provenienti dagli altri cervelli prima di tutto per comunicare, ma anche per risolvere altri problemi e patologie. Quindi il concetto è futuristico e fantascientifico, ma alcuni dei componenti, come il tentativo di migliorare la memoria, hanno dimostrato di esistere negli animali, quindi ci sono alcuni fatti che lo supportano e che lasciano supporre soluzioni ancora più avveniristiche di quelle prospettate dalla fantascenza.”

“Quali casi di acufene possono essere trattati con la stimolazione cerebrale non invasiva e invasiva?”

Il problema sta nella percezione del dolore. Ad esempio sappiamo che la nevralgia del trigemino è diversa dalla cefalea a grappolo ed è diversa dall’emicrania e che ognuno di questi diversi tipi di dolore ha trattamenti diversi e questi trattamenti sono noti. Per quanto riguarda l’acufene, i sottotipi di dolore non sono così chiari: tendiamo a fare una differenza tra acufene con perdita dell’udito e acufene senza perdita dell’udito oppure una differenza tra tono puro rispetto al rumore. In generale, l’acufene con un tono puro sembra rispondere meglio al trattamento rispetto all’acufene con ronzio, ma non è così chiaro. Per cui quando impiantiamo elettrodi nel cervello o usiamo la stimolazione magnetica o elettrica non invasiva, l’acufene di tono puro sembra rispondere in qualche modo meglio dell’acufene con ronzio. Ma se questo vale anche per l’acufene con o senza perdita dell’udito potrebbe dipendere dal punto in cui si stimola il cervello. Quindi le persone senza perdita dell’udito sembrano rispondere meglio alla stimolazione frontale, mentre le persone con perdita dell’udito sembrano rispondere meglio alla stimolazione della corteccia uditiva. Mancano però studi approfonditi per dimostrare questo approccio. Quindi, quale sia l’approccio migliore dipende dal punto in cui si stimola il cervello o la corteccia e dal tipo di suono che viene percepito.”


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