La neuromodulazione è una terapia per l’acufene ancora in fase di sperimentazione che consiste nella stimolazione nervosa del cervello per modificare la percezione dell’acufene. Le sperimentazioni condotte finora hanno preso…

Cura dell’acufene: quando e come si possono usare gli psicofarmaci
L’acufene, il fastidioso ronzio percepito senza una fonte esterna, è spesso associato a stress, ansia e depressione. Come sottolinea il prof. Paolo Enrico, neurofarmacologo dell’Università di Sassari, l’acufene può indurre un forte stress. A sua volta, lo stress amplifica la percezione dell’acufene, creando un circolo vizioso. È quindi importante valutare il supporto di terapie farmacologiche specifiche come ansiolitici e antidepressivi.
Il ruolo degli psicofarmaci
Sebbene né i sedativi ipnotici né gli antidepressivi possano eliminare l’acufene, il loro utilizzo può aiutare il paziente a gestire meglio il problema. “Questi farmaci non agiscono sulla percezione del ronzio, ma permettono alla persona di affrontare con maggiore serenità un percorso terapeutico, come la TRT (Tinnitus Retraining Therapy), attualmente una delle poche terapie efficaci”, afferma il prof. Enrico.
Tuttavia, il beneficio farmacologico è temporaneo e deve essere integrato in un approccio terapeutico più ampio. Per esempio, una persona molto stressata potrebbe trovare difficile seguire una terapia cognitivo-comportamentale senza un supporto iniziale che regoli ansia e depressione.
Effetti collaterali e rischi di dipendenza
Un aspetto critico nell’uso di sedativi ipnotici, come le benzodiazepine, è la possibilità di effetti collaterali. Tra i più comuni, il prof. Enrico cita l’amnesia anterograda, che può compromettere la capacità di memorizzare eventi o informazioni apprese durante l’effetto del farmaco. Questo è particolarmente problematico per chi, ad esempio, deve concentrarsi nello studio o nel lavoro.
Inoltre, l’uso prolungato di questi farmaci può portare a diminuzione dell’efficacia e dipendenza. “Le benzodiazepine sono relativamente poco tossiche, ma proprio per questo vengono somministrate con una certa liberalità, aumentando il rischio di assuefazione psicologica e fisica”, avverte il prof. Enrico. L’interruzione improvvisa può causare crisi di astinenza, con sintomi come insonnia e nervosismo.
Un supporto, non una cura
È fondamentale chiarire che questi farmaci curano i sintomi dell’ansia e della depressione, ma non eliminano le cause profonde né “guariscono” l’acufene. “Il farmaco aiuta a intraprendere il percorso di guarigione, ma il traguardo richiede un approccio integrato, che coinvolga terapie specifiche come la TRT”, precisa il neurofarmacologo.
Solo dietro prescrizione medica
L’utilizzo di psicofarmaci in presenza di acufene deve essere valutato con attenzione e sempre sotto la supervisione attenta di un medico. Se da un lato possono offrire un sollievo temporaneo e facilitare l’accesso a terapie efficaci, dall’altro presentano rischi legati a tolleranza, dipendenza e potenziali effetti collaterali. La chiave è un uso consapevole e integrato con altri trattamenti, per migliorare non solo il sintomo, ma anche la qualità della vita del paziente.
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