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Per la diagnosi dell’acufene serve la risonanza magnetica?

L’acufene è spesso fonte di estremo disagio e preoccupazione per chi ne soffre. Nella maggior parte dei casi compare improvvisamente e destabilizza ogni ambito della vita del paziente. Inizia quindi la corsa alla soluzione del problema, alla ricerca della causa, ci si rivolge a numerosi specialisti e si eseguono i più svariati esami.

L’acufene nasce da differenti cause:

  • può essere la manifestazione di disfunzioni dell’orecchio medio (come un malfunzionamento delle tube di Eustachio o la presenza di accumuli mucosi a livello della cassa del timpano)
  • può essere conseguenza di disturbi diversi come disfunzione dell’articolazione temporomandibolare, malocclusione
  • scompensi ormonali
  • intolleranze alimentari
  • ecc.

In alcuni casi l’acufene non si presenta da solo, ma si accompagna ad altri sintomi come per esempio sbandamenti e perdita di equilibrio, vere e proprie vertigini, perdita di udito, riduzione della capacità visiva. La contemporanea presenza di queste manifestazioni potrebbe essere espressione di una patologia neurologica, di una patologia vascolare o di un processo a carico dell’orecchio interno e del nervo uditivo.

Cosa devo fare se ho l’acufene?

L’acufene è un sintomo complesso da inquadrare per cui risultano necessari specifici esami in grado di valutare la funzionalità uditiva e l’integrità delle strutture nervose e anatomiche dell’orecchio. Risulta indispensabile rivolgersi a un centro specializzato nella diagnosi e cura dell’acufene dove svolgere una visita clinica appropriata e uno studio approfondito delle capacità uditive del paziente.

Gli esami cardine nello studio dell’acufene sono rappresentati da:

  • impedenzometria con lo studio del riflesso stapediale
  • esame audiometrico tonale comprendente lo studio delle alte frequenze
  • otoemissioni acustiche
  • acufenometria

Importanti anche l’analisi dei trigger point e delle componenti propriocettive e la raccolta dei questionari soggettivi.

Questi esami consentono di verificare la corretta funzionalità uditiva e, in caso contrario, possono darci indicazione sulla sede della patologia dell’orecchio che causa l’acufene (deficit tubarico, patologie dell’orecchio medio come accumuli mucosi o otosclerosi), deficit dell’orecchio interno (degenerazione delle cellule ciliate, traumi da rumore) o patologie retrococleari, ossia dei processi patologici che coinvolgono le strutture nervose che connettono l’orecchio al tronco encefalico e all’encefalo (neurinoma del nervo acustico conflitto neurovascolare. neurite).

Gli esami radiologici

Quando necessario, ai fini di avere una conferma della diagnosi, dopo tali esami può essere richiesto un ulteriore approfondimento attraverso tecniche radiologiche come TC (Tomografia Computerizzata precedentemente definita TAC) e Risonanza Magnetica.

La TC ci permette di ricostruire l’anatomia delle strutture interessate mettendo in risalto eventuali anomalie o interruzioni dei campi studiati (è quindi maggiormente impiegata per indagare sospetti diagnostici legati ad alterazioni articolari o prettamente strutturali, come nel caso dell’otosclerosi o dell’integrità della catena timpano-ossiculare)

La Risonanza Magnetica ci permette invece di avere informazioni sulla struttura che viene studiata, differenziando strutture liquide da strutture solide ed evidenziando focolai infiammatori (risulta quindi utile nello studio dell’orecchio interno e delle strutture nervose retrocoleari nei casi di sospetto di Malattia di Meniere o di patologie a carico del nervo acustico).

Devo fare una risonanza magnetica se ho l’acufene?

Non sempre risulta necessario effettuare esami radiologici.

Queste indagini devono essere utilizzate per avere conferma di ciò che si pensa ci sia e non, al contrario, per andare a cercare qualcosa di cui non si sappia o non si sospetti nulla.

Nel caso specifico della Risonanza Magnetica ciò risulta ancora più evidente. Sarebbe consigliabile avere una richiesta di un medico specialista e un’idea del “problema” da andare a ricercare ai fini di elaborare uno studio apposito per poterlo mettere in risalto. L’esame per immagini può mettere in luce qualcosa di sospetto, non è omniscente e se non si mettono in pratica le tecniche per studiare in maniera corretta il “problema”, anche se un problema c’è non lo si vede!

Sarà lo specialista a indirizzare il paziente, e non viceversa, sulla base dell’esame clinico condotto e dei risultati ottenuti dagli esami, verso l’eventuale metodo di approfondimento diagnostico necessario come TC o Risonanza Magnetica.

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Dott.ssa Chiara Amato

Specialista in Audiologia e Foniatria. Si è specializzata con la lode presso l’Università degli studi di Catania e durante il percorso di studi ha approfondito tale disciplina presso l’ospedale Cà Foncello di Treviso, afferente all’Università degli studi di Padova. Si occupa della diagnosi, della cura e della riabilitazione di patologie uditive e di disturbi del linguaggio e della deglutizione.

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